Abitare la catastrofe: prospettive di lotta digitale

netBorg
3 min readMay 16, 2021

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Non è facile raccontare dei cambiamenti che stiamo vivendo da un anno e mezzo a questa parte: a un certo punto il mondo accelera, le cose succedono e alla fine non si sa bene come siano davvero accadute.

Nelle settimane precedenti al lockdown 2020 è nato quello che sarebbe diventato The Borgs: zero pretese o particolari intenzioni, solo due figure davanti a una webcam di pessima qualità che cercavano un modo alternativo per affrontare la noia delle fredde serate invernali della provincia. Poi quelle serate gelide sono diventate un’esperienza condivisa: l’isolamento forzato ha avuto conseguenze distruttive su moltə di noi, e forse il continuo proliferare di parole e riflessioni è stato un tentativo di tenere la bussola della lucidità, per quanto orientarsi nella complessità possa concretizzarsi in un salto nel vuoto. Guardare il mondo esterno che brucia non è semplice, anche da una prospettiva privilegiata, anche rintanandosi nelle nostre case dietro lo schermo di un pc: siamo inermi, e reagire non sembra davvero una possibilità.

Mi piace immaginare la mole di informazioni che abbiamo prodotto e continuiamo a produrre come un fluido multiforme che scorre negli infiniti cavi e tubi che compongono l’infrastruttura mondiale della comunicazione: le creature degli abissi più profondi hanno teste metalliche, tentacoli in fibra ottica e trasportano l’immaterialità della nostra esistenza.

Mappa globale dei cavi sottomarini che trasportano il 97% dei dati di Internet

Abbiamo assistito all’accelerazione e l’inasprimento di condizioni già effettive, e nonostante la preesistenza del conflitto, questo ci ha travoltə in pieno viso: l’accelerazione tecnologica ha riversato tutto il suo potenziale nelle misure tecno-securitarie, intere classi sociali sono state ridotte ad un ulteriore impoverimento, la crisi ecologica ci pone di fronte a cambiamenti sistemici necessari che non sappiamo come affrontare. La catastrofe ci ha trascinato al confine con l’abisso, ma la condizione in cui ci troviamo non è necessariamente sfavorevole: nel buio si nascondono tutte le possibilità sottratte alla luce.

La matassa di cavi animata dalle persone e dalle storie che sono passate su The Borgs compone un quadro caotico, ma è possibile delineare un intento comune: immaginare un altro mondo non solo è possibile, ma è ciò che di fatto accade, assemblando i frammenti delle narrazioni che emergono sempre più prepotenti. È il paradosso dei tempi in cui viviamo, la storia si nutre di quello che sembra una fine perpetua, un loop infinito che genera nuovi scenari fino all’inverosimile.

Dunque, appurare che l’era oscura è qui e regna sovrana può già farci guardare meglio nella nebulosa complessità che ci avvolge. Scenari come quello attuale costituiscono nient’altro che la normalità nonostante l’apparente crisi epistemica che non lascia spazio a considerazioni relative a come tutte queste crisi nascono.

Abitare la crisi significa abitare il controllo algoritmico, il disastro climatico, il collasso delle vecchie strutture del capitalismo che si rigenerano con una violenta spinta che oggi ha la forma di un virus, e che domani si ripresenterà con catastrofi irrimediabili. Il disastro globale causato dalla pandemia da Covid-19 ha rappresentato la stabilizzazione di un processo già in atto piuttosto che una svolta epocale, consolidando le strutture che durante questo lungo anno hanno affermato il loro potere sui residui del vecchio mondo.

Jon Rafman — You Are Standing in an Open Field (Mount Adams, Washington) — 2019

Spesso ci siamo chiestə se quello che abbiamo fatto finora abbia senso, se questi fiumi di parole potessero effettivamente contribuire ad una qualche causa, e ancora oggi non abbiamo la minima idea di quello stiamo facendo: è grazie alla partecipazione di tutte le soggettività che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto, direttamente e indirettamente, che siamo statə in grado di costruire insieme uno spazio di condivisione che sia davvero orientato al dibattito e alla decostruzione attiva e progressiva.

Ci muoviamo, come tuttə, nella massa informe degli inquantificabili cloud che realizzano la nostra esistenza precaria, incanalati in flussi di link che compongono sterminati terreni di lotta digitale plasmati dal neoliberismo, e che tuttavia abbiamo bisogno di occupare capillarmente per vivere, affrontare e superare le contraddizioni e i conflitti della nostra epoca.

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