Legge Zan sì, ma anche molto di più

netBorg
4 min readMay 17, 2021

È stato un weekend caldissimo e ricco di manifestazioni quello appena trascorso, che ha visto finalmente tornare in piazza migliaia di persone in modo congiunto dopo un dormiente inverno che per ragioni legate alle varie zone rosse e lockdown ha represso parecchie piazze. In particolare, le associazioni e i movimenti LGBTQIA+ sono intervenuti per l’approvazione del DDL Zan, ormai fermo al senato da mesi e che non vede demordere partiti come la Lega, le associazioni conservatrici e femministe radicali che mai come ora stanno giocando un ruolo fondamentale nel fare ostruzionismo e propaganda. Per le TERF l’identità di genere delle persone trans* non è legittima e dunque contestano la legge in parlamento, appoggiate da associazioni pro-vita e per la famiglia. Tutte queste realtà contrarie hanno spesso un ruolo centrale nei media e la loro contronarrazione e disinformazione ha inquinato il dibattito dagli albori.

Da Roma a Milano, migliaia di persone hanno preso parola, con lo slogan che accomunava tutte le piazze «Per la legge Zan e molto di più: non un passo indietro». Uno slogan che è un avvertimento alla politica a non cedere ulteriormente a compromessi. Le piazze infatti hanno ribadito la pretesa di consultori e centri antiviolenza autonomi, autogestiti e transfemministi, per donne e persone LGBTQIA+. Andranno per questo monitorati bandi e fondi già messi in campo dalla legge affinché questi siano adeguati alle esigenze e diffusi su tutto il territorio nazionale per creare reti e la diffusione di una cultura non cisetero patriarcale. I movimenti hanno inoltre sottolineato le radici culturali e sistemiche alla base delle violenze e delle discriminazioni, con una idea chiara di futuro, che non sia abilista, razzista e sessista.

Lə attivistə hanno riconosciuto come questa sia una legge che è pregna di compromessi al ribasso, che arriva con trent’anni di ritardo e che non è scevra di aspetti controversi, come l’ambito penale. Nonostante ciò, il DDL è un passo necessario affinché si costruisca una cultura del rispetto e della valorizzazione di tutte le possibili identità, che ripensi totalmente al presente fatto di soprusi e vessazioni quotidiane a tutte quelle soggettività che sono istituzionalmente e socialmente discriminate. La legge ha avuto il merito di portare nel discorso pubblico anche termini come transfobia e bifobia che in passato erano stati totalmente invisibilizzati e che ora trovano voce nel dibattito.

Intanto a Milano è andata in scena la manifestazione indetta da Provita e Famiglia, e il senatore leghista Pillon ha definito i sostenitori della legge «chi vuole semplicemente vendere smalto per unghie anche ai maschi». Nel raggiungere la contromanifestazione, un centinaio di attivistə sono stati caricati e fermati dalla polizia. In piazza a Roma era presente anche il promotore della legge Alessandro Zan che è intervenuto dal palco ribadendo che «Mentre qualcuno ne fa una contesa politica per cercare di ottenere consenso elettorale, noi vogliamo approvare questa legge perché parliamo di vita e dignità delle persone». La politica del resto sembra quasi tutta favorevole al disegno di legge, che durante questo anno è stato limitato sotto parecchi punti di vista. La sensazione, purtroppo, è che si sia creato un movimento di opinione che fa da argine alle derive retrograde della destra, ma che poco può alla lunga contro discriminazioni sistematiche di più ampio raggio, dall’omobilesbotransfobia alla razzializzazione di intere categorie.

Dunque, che fare? La costituzione di centri antiviolenza, di iniziative dal basso e di movimento sembra la risposta più ovvia, così come iniziative educative all’interno delle istituzioni stesse come scuole e università. Inoltre, utilizzare un linguaggio che sia in grado di parlare delle diverse soggettività all’interno dei media è fondamentale per scardinare le narrazioni tossiche a cui siamo abituatə: questo cambiamento passa soprattutto dall’occupare lo spazio che ci spetta nel discorso pubblico, perché siamo stancə di maschi bianchi etero cis di mezza età che parlano di come affrontare le discriminazioni di genere non essendone mai stati vittime.

Diversi anni fa di fronte ai timori che la cosiddetta “teoria gender” avrebbe preso il sopravvento all’interno dei luoghi della cultura e della famiglia si sarebbe dovuto rispondere che sì, ripensare alle strutture oppressive e patriarcali è esattamente ciò che fanno gli studi di genere, mettendo in discussione modi di produzione e riproduzione che ingabbiano le più svariate categorie sociali. Si sarebbe dovuto rispondere che sì, tutto ciò è terribilmente pericoloso, ma per chi il mondo lo ha sempre dominato. Insomma, come si è detto questo fine settimana in piazza: non un passo indietro, da sempre e per sempre.

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